Cinquant’anni e (non) sentirli

Domani alle 12.30 si gioca Inter – SPAL, il ritorno a San Siro degli estensi, una partita attesa cinquant’anni.

Per trovare l’ultima volta in cui la squadra di Ferrara era salita al Meazza per giocare contro l’Inter bisogna tornare al 26 novembre 1967, nona d’andata del campionato 1967/68 che per la SPAL fu l’ultimo disputato in serie A .

Il Mago Helenio Herrera schierò questo undici:   Sarti, Burgnich, Facchetti; Bedin, Landini, Monaldi; D’Amato, Domenghini, Nielsen; Suarez, Bonfanti.

Franco Petagna, tecnico degli spallini, rispose con Cantagallo, Stanzial, Tomasin; Massei, Pasetti, Bertuccioli; Reif, Parola, Bigon; Lazzotti, Brenna.

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Edy Reja non giocò a S. Siro ma fece parte della rosa dell’ultima SPAL da serie A.

Il risultato finale fu 2-0 per gli uomini di Herrera. Da quella partita sono passati qualcosa come 18.187 giorni, fonte @FootStatsCalcio

Erano anni diversi, un’età diversa. Da lì a poco sarebbe arrivato il ’68.

Fu, quello, vale la pena ricordarlo, l’anno dell’addio a Gigi Meroni, prematuramente scomparso domenica 15 ottobre 1967.

L’Inter era in una fase di ricostruzione dopo la disastrosa conclusione della stagione precedente, quella chiusa con la dolorosa sconfitta patita ad opera del Celtic Glasgow nella finale di coppa Campioni del 25 maggio 1967 cui fece seguito, pochi giorni dopo, la caduta nella fatal Mantova che vide i Nerazzurri consegnare lo scudetto alla Juventus.

Il convulso finale di quell’annus horribilis lasciò evidenti tracce nell’ambiente nerazzurro, convincendo Angelo Moratti a voltare pagina rispetto al ciclo della Grande Inter. Così, appoggiandosi alle richieste di Herrera, che voleva rigenerare la squadra al motto di “avremo venti titolari” (attribuendo il crollo del finale dell’annata precedente a fattori mentali resi a suo dire evidenti da una rosa troppo ristretta per sopportare le pressioni), l’estate 1967 vide le partenze dei rebels Armando Picchi (ceduto al Varese), Guarneri (Bologna) e Jair (Roma).

La difesa, con l’allenatore meneghino intenzionato a spostare Burnich nel ruolo di stopper, è da rifondare: Herrera ottiene Poli, terzino destro dal Vicenza (in cambio di Vinicio, Bicicli e milioni), il libero Dotti (Lazio) e il promettente Santarini (prelevato dal Rimini su dritta di Italo Allodi).

A centrocampo arrivano D’Amato (Lazio) e Ferruccio Mazzola (che verrà poi girato al Lecco durante il mercato di riparazione), fratellino di Sandro, proveniente dal Venezia in coppia con l’esperto Benitez.

In attacco, nell’affare Guarnieri, arriva dal Bologna Harald Nielsen per completare un reparto offensivo nel quale sono da annoverare anche i nuovi esterni Pellizzaro, Colausig e Bonfanti. In totale, un mercato da circa 800 milioni.

L’Inter però non parte benissimo e Herrera è costretta a ridisegnarla, contravvenendo ai progetti tattici maturati in estate. Così la formazione tipo vede Sarti in porta, Burnich riportato nella posizione di terzino marcatore con Facchetti fluidificante sulla fascia opposta, Landini stopper e Santarini libero (dopo il fallito esperimento Dotti). A centrocampo Bedin affianca Suarez con Corso trequarti e Domenghini (o D’Amato) tornante in appoggio alle punte, una delle quali dovrebbe essere Nielsen.

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Un gol di Nielsen a S. Siro, proprio contro la SPAL.

Dovrebbe, perché il danese, acquistato a peso d’oro per essere il nuovo e agognato centravanti nerazzurro sciorina prestazioni lontane dalla sua fama e dal prezzo sborsato per averlo in sede di calciomercato. Così Herrera è costretto a ripiegare su una nuova soluzione che prevede lo stesso Domenghini o Cappellini ad affiancare Sandro Mazzola in avanti.

La squadra, nonostante la corsa ai ripari di Herrera, stenta a decollare. Ne segue, ovviamente, un clima che si fa vieppiù avvelenato dalle polemiche, cosa che non contribuisce al buon esito della campagna interista. Tanto è vero che l’Inter chiuderà mestamente al quinto posto, a tredici lunghezze dal Milan campione, risultato ben lungi dall’essere soddisfacente, visti gli sforzi compiuto da Angelo Moratti per rilanciare la squadra.

Il 14 maggio 1968, due giorni dopo l’ultima di campionato, Moratti decide di farsi da parte, cedendo la società al suo vice, Ivanoe Fraizzoli. Anche H.H., per coerenza, se ne va, per venire poi prontamente accolto con un ricco contratto dalla Roma giallorossa.

Per l’Inter è la fine di un’era.

Ma quel campionato segnerà la fine di un’era anche per la SPAL, indebolita dalla labirintite che colpisce il capitano Oscar Massei costringendolo al ritiro in corso di stagione, dal gravissimo infortunio al ginocchio capitato a Carlo Dell’Omodarme durante l’amichevole precampionato disputata contro lo Spartak Mosca e, soprattutto, dalle cessioni di Bosdaves al Napoli e di Fabio Capello alla Roma, che porterà 260 milioni nelle casse della società estense ma che indebolirà notevolmente il centrocampo a disposizione di Petagna.

Reduce da due salvezze all’ultima giornata.

Una SPAL indebolita quella che si presenta ai nastri di partenza di una stagione nella quale la riduzione delle partecipanti a 16 squadre rende ancora più arduo centrare l’obiettivo salvezza.

I Ferraresi lotteranno leoninamente ma i loro 22 punti finali non saranno sufficienti ad evitare la B, sorte condivisa con Brescia e Mantova. A due giornate dal termine la Spal è in corsa per l’ennesima impresa, ma deve affrontare la Fiorentina in trasferta e ospitare la Juventus all’ultima di campionato. A Firenze finisce 2-0 per i Viola e la Spal è praticamente retrocessa. L’ultima gara di campionato, il 12 maggio 1968, vinta dalla Juventus per 1-0 grazie ad un gol Zigoni, serve solo a sancire l’inevitabile.

Da quel momento in poi per Ferrara ci sarà un lungo calvario nelle categorie minori, fino al ritorno nella massima serie maturato nella scorsa estate. Fino al ritorno a S. Siro.

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